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Il Centro studi storici valchiavennaschi a Villa

21 ottobre 2015 Nessun commento

Assemblea annuale. Il Centro di studi storici valchiavennaschi, che ogni anno da più di mezzo secolo organizza in un paese della valle l’assemblea annuale dei soci, oggi arrivati a superare il migliaio, quest’anno ha scelto Villa, precisamente la chiesa di San Barnaba.



di Guido Scaramellini

Vari i motivi. Innanzi tutto perché coincide con il 25° dalla morte di don Peppino Cerfoglia, che fu prevosto a Villa per altrettanti anni e che nel 1959 fu l’ideatore, uno dei fondatori e il primo presidente, finché visse, del Centro di studi storici. Poi perché una delle prime riunioni del consiglio direttivo del neonato Centro si tenne a settembre del 1960 nella “stüa” della canonica di San Barnaba. Da ultimo perché a Villa non si organizzava un’assemblea dal 1987 (la precedente si era svolta nel 1975).

In apertura, davanti a ben 170 persone, ha portato il saluto dell’amministrazione il sindaco Massimiliano Tam, mentre Tony Corti ha illustrato la sua ultima pubblicazione sui migranti valchiavennaschi e valtellinesi a Roma nel ’700 e Germano Caccamo ha presentato il Gruppo di Ricerca “Antacüch”, fondato nel 2011. Sono seguite le votazioni per il rinnovo del consiglio direttivo del Centro, che è stato confermato per il prossimo triennio.
Com’è tradizione, l’assemblea è l’occasione per conoscere la storia del luogo, al di là degli adempimenti statutari e finanziari, illustrati dal segretario Cristian Copes.
È toccato a me, come presidente da dodici anni, dopo essere stato segretario per una quarantina, ripercorrere le vicende della chiesa di San Barnaba, compito che sarebbe spettato al consigliere Giovanni Giorgetta, prematuramente scomparso.

La chiesa è nominata come San Martino di Puri, nome quest’ultimo già presente nei documenti a partire dal 1087 per indicare il versante sinistro della valle a partire dalla Dogana. Fu costruita probabilmente agli inizi del XII secolo e consacrata nella prima metà dello stesso secolo. È ricordata ancora nel 1327, mentre nel 1490 veniva intitolata ai santi Barnaba e Martino (prevarrà il primo santo) e riconsacrata da Bernardino Vacca, vescovo supplente a Como. Nel 1742 aveva due navate e poco dopo fu rifatta a una sola, com’è oggi (il portale è datato 1754).

Quella antica doveva avere l’orientamento attuale, con l’abside rivolta a est: una scelta simbolica comune alle chiese romaniche e anche a quelle di qualche secolo dopo, nascendo a oriente  il sole e quindi la via, la verità e la vita. La facciata doveva coincidere con quella attuale, ma solo nella porzione destra fino all’attuale portale compreso. Stanno a dimostrarlo l’architrave in pietra dell’ingresso principale, murato  molto più in basso di quello settecentesco  e, sulla controfacciata, il pregevole affresco trecentesco dell’Ultima Cena. Quanto alla lunghezza, comprendeva il frammento d’affresco cinquecentesco di evangelista e poco oltre doveva innestarsi l’antica abside semicircolare. Del campanile, addossato, come oggi, alla parete destra, rimangono alcune bifore romaniche, oggi murate.

Pregevoli sono gli altari in marmo: da quello maggiore (con le balaustre) a quello della cappella di destra, dedicata a sant’Antonio abate. Interessante è pure l’altare fronteggiante in legno dipinto, con la mensa ricavata dal pulpito rimosso dalla collocazione originaria. Interessanti anche le pale, sempre settecentesche, raffiguranti sull’altare maggiore i santi Barnaba, Carlo Borromeo e Martino con il povero, su quello di sinistra il Padre eterno in alto e sant’Antonio orante e su quello di fronte la Madonna con il bambino e una madre che porge il figlioletto morto a un santo di fronte. In alto è una modesta teletta della Visitazione. I quadri più piccoli appesi alle pareti delle cappelle laterali sono attribuiti da Pieralda Albonico Comalini a Giovan Battista Macolino figlio.
Altre due tele sono appese alla parete sinistra: una, seicentesca, con la Madonna e il bambino e sotto i santi Carlo Borromeo, Barnaba, Martino e il povero; una seconda, cinquecentesca, ma in cattive condizioni, con la Madonna e il bambino tra i santi Giuseppe con la verga fiorita e Sebastiano con una freccia in mano.

Lasciata la chiesa, dopo il pranzo sociale al crotto Ghiggi, soci e simpatizzanti hanno visitato la val Bregaglia svizzera, facendo tappa a Castelmur, accolti dal vice sindaco Fernando Giovanoli e dal direttore Gian Andrea Walther, al masso avello di Palü e alla Ciäsa granda di Stampa, guidati dalla presidente della Società culturale di Bregaglia Bruna Ruinelli e dallo storico Diego Giovanoli. Si è quindi proseguiti per Vicosoprano, dove sono stati visitati il Pretorio e le chiese della Trinità, illustrata da Simonetta Coppa, e di San Cassiano. Un’ultima tappa ha riguardato, al rientro, il paese e la chiesa di Bondo con i suoi affreschi quattro-cinquecenteschi.

Da: Il Ponte

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