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Storia di un’avventura on the road – Seconda parte

16 giugno 2015 Nessun commento

Il giovane villese Davide Mencaroni ha viaggiato per il Sudamerica. Con piacere riportiamo il suo racconto.

Le differenze tra Cile e Perù sono profonde e si manifestano appena superata la frontiera. Si passa da un paese che grazie alle enormi risorse di rame si trova in una situazione economica agiata, che ha poco o nulla da invidiare agli stati “occidentali”, a una società ancora tutta in costruzione. Per quel che ha riguardato la mia esperienza, le differenze più evidenti sono state un costo della vita estremamente più economico e la quasi totale assenza di macchine sulla strada. O meglio, chi ne possedeva una attaccava un adesivo con scritto “taxi” e provava a guadagnare qualcosa da un investimento ancora troppo costoso per il Perù. L’unione di questi due fattori ha fatto si che io abbia cominciato a muovermi in autobus, e la prima tra le mie destinazioni è stato un parco naturale nel sud del paese, il “Canyon del Colca”, che come suggerisce il nome si sviluppa lungo un profondissimo canyon.
All’interno del parco si incontrano numerosi villaggi e ho subito avuto modo di confrontarmi con quel tipo di situazioni che mi sono state raccontate durante le varie presentazioni a cui ho assistito dei volontari dell’Operazione Mato Grosso nel corso della mia infanzia: bambini che camminano per chilometri e chilometri ogni mattina per andare a scuola, animali che vivono all’interno delle case, rarissime strade sterrate e dissestate, etc.. Questo nonostante la zona sia relativamente più ricca del resto del paese, siccome rappresenta comunque un’attrattiva turistica.

Nonostante la vita da quelle parti non sia proprio semplicissima, ho avuto anche in questo caso l’occasione di sorprendermi nel constatare un’ospitalità incredibile, da parte di persone che dopo due parole scambiate mi offrivano un posto dove dormire, o le loro chiavi di casa se erano in partenza verso un altro paese. Ovviamente in questo caso cercavo di ricambiare la loro ospitalità con i pochi soldi che avevo a disposizione, anche se per il loro costo della vita risultava essere la fonte di sostentamento per una settimana. La loro gratitudine a questo punto esplodeva in una riconoscenza che, devo ammetterlo, mi metteva quasi a disagio; come quando una giovane coppia, pur di concedermi il comfort di dormire in una stanza da solo, ha spedito i tre figli a dormire in una stalla. Purtroppo le mie suppliche di lasciare dormire me con gli animali non sono servite a nulla…
Al termine di qualche giorno di cammino in questo splendido scenario, era finalmente arrivato il momento di raggiungere il mio nuovo obiettivo, che col proseguire di questo lungo viaggio avevo caricato sempre più di aspettative: stavo per arrivare a Machu Picchu!

Questo sito archeologico inca fa parte delle 7 meraviglie del mondo, e le sue imponenti rovine sono state scoperte all’inizio del ’900. Anche se non si è certi del reale significato di questa città, probabilmente si trattava di una specie di Montecarlo Inca, cioè di un complesso di villeggiatura esclusivo per gli elementi più altolocati della società.
Ovviamente l’interesse turistico di questo leggendario sito archeologico è enorme, ed è cresciuto specialmente negli ultimi anni. Questo ha fatto sì che ci siano degli ottimi collegamenti per raggiungerlo, ma a dei prezzi incredibilmente più alti rispetto agli standard peruviani. Per riuscire a non sforare il budget che mi ero prefissato ho dovuto ingegnarmi parecchio con l’intricato sistema di trasporto pubblico di linea, e soprattutto camminare moltissimo. All’arrivo però si viene travolti dalla bellezza delle rovine e dall’aura mistica che emanano. Un’esperienza davvero indimenticabile.

Marzo era ormai alle porte ed era quindi arrivato il momento di rimettermi in marcia per Buenos Aires; l’idea era quella di attraversare Bolivia e Paraguay per arrivare al nord dell’Argentina, per raggiungere le cascate di Iguaçu e poi scendere fino alla capitale.
Ho attraversato il confine tra Perù e Bolivia sulle rive del lago Titicaca, e siccome sapevo che il lungo viaggio che mi attendeva non sarebbe stato dei più confortevoli, anche se non avevo molto tempo ho deciso di passare qualche giorno nella cittadina di Copacabana, che si trova sul lago, a 4000 m di quota, dove inaspettatamente ho trovato un numero impressionante di giovani provenienti da tutto il continente, accampati sulle spiagge, in vacanza. Mi sono unito a loro con molto piacere.

Dopo queste piacevolissime giornate passate sulle rive del lago e tra i suoi splendidi colori, è cominciata una lunga odissea verso l’Argentina. Non posso dilungarmi troppo nel racconto di questi pochi ma intensissimi giorni, o finirei per riempire da solo tutto questo numero de “Il Ponte”. Dirò solo che in Bolivia, e in particolare sui suoi autobus, ho imparato davvero moltissimo della vita. Ho scoperto che effettivamente non è un problema così grande far salire le tue pecore sull’autobus, e che anche se si lasciano andare ai più fisiologici dei loro bisogni, la puzza rimarrà solo per qualche minuto, ma che è sufficiente aprire il finestrino per stare meglio. Ho capito che il concetto di strade sicure è davvero relativo, e che non bisogna farsi prendere dal panico nel passare affianco a dei precipizi infiniti su strade senza guard rail. Ho imparato che è inutile arrabbiarsi se non si riesce a prendere sonno, viaggiando di notte su strade sterrate che al posto di buche hanno voragini, e che non è poi così inaccettabile impiegare 4 ore per fare 100 km, e che dei soldati di frontiera possono chiedere agli automobilisti che passano di dar loro un passaggio, se ti poni della giusta maniera.

Insomma, in questi 3 giorni di viaggio ho imparato a prendere la vita come i boliviani, cioè con molta più leggerezza e riavvicinandomi a uno stile che sembra distante anni luce dal nostro, per semplicità e ritmo. Passare il tempo tra le persone più comuni e parlarci fa rendere conto di quanto poco offra il loro paese, ma era da molto che non mi capitava, o forse in realtà non mi è mai capitato, di incontrare persone così serene, nella consapevolezza che la vita in Bolivia è più dura ma che non vale la pena trascorrerla col broncio. È strano ormai vedere moltissimi bambini giocare felici e liberi tra gli animali e la natura, sporcarsi, abbracciare capre e correre dietro alle galline senza sentire le urla apprensive delle loro madri.
Con questo non voglio dire che la Bolivia non sia una nazione che ha un serio bisogno di migliorarsi o di essere aiutato, ma che forse la sua evoluzione dovrebbe seguire binari diversi da quello che è stato per noi. Perché guardando quelle scene di vita quotidiana, sinceramente, non avrei saputo dire chi tra un bambino italiano e uno boliviano sia più felice, o forse era fin troppo evidente.

Insomma, alla fine di questo viaggio sono finalmente arrivato alle cascate di Iguaçu. Anche in questo caso non ci sono molte cose da dire, finirebbero semplicemente per sminuire la maestosità di uno dei luoghi più belli del pianeta, così come hanno fatto le mie foto.

A un mese di distanza dal mio ritorno, è naturale che di quella spensieratezza e libertà non rimanga altro che un felicissimo e fresco ricordo. Al loro posto sono tornate le preoccupazioni e le abitudini della vita di tutti i giorni ed è normale che sia così.

L’unica vera sfida da ora in avanti sarà quella di mantenere vive le nuove consapevolezze nate da questo viaggio, i nuovi occhi con cui guardare le cose, che nascono dall’aver visto un mondo davvero diverso. Personalmente credo che vivere delle nuove esperienze sia l’unica cosa che ci tenga davvero in vita, e che per questo viaggiare sia di vitale importanza, non solo per vedere le bellezze del mondo ma soprattutto per conoscerne la gente. Il Sud America mi ha insegnato che il mondo è molto meno pericoloso di quanto si creda e che solo conoscendo le persone impariamo ad averne meno paura.
Sono partito per veder montagne e natura incontaminata, alla fine mi sono appassionato di un popolo caloroso e accogliente. In Italia e in valle si fa da sempre molto per aiutarli, è stato bellissimo vedere come loro abbiano aiutato me in questa avventura.

Davide Mencaroni

Leggi la prima parte.

Da: Il Ponte di maggio – giugno.

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