Cestmír Lukes in Bregaglia

Il CAS ospita Cestmír Lukes. 55 anni di alpinismo alle spalle.

L’incontro, previsto per il 25 sera ai crotti di Bondo, ha luogo alla palestra di Stampa in previsione di temporali.

Cestmír mostra al pubblico i filmini delle sue vacanze: ha fotografato e raccontato per filo e per segno le persone incontrate, l’aereo con il suo equipaggio, cosa ha fatto e con chi. Particolare è però la sua meta: l’Antartide, visitata nel dicembre del 1999.

Racconta l’impressione che fa, prima ancora di arrivarci, un pack irregolare su cui si fatica ad immaginare un atterraggio d’emergenza, dove l’aereo non può sostare per più di 2 ore altrimenti i motori gelano, dove il volo è rumorosissimo e scomodo, compreso l’atterraggio.

Da Punta Arenas, la città più a sud del mondo, se le condizioni meteorologiche lo consentono si parte in aereo e una volta atterrati, con molto timore ci si allontana dall’unico punto di riferimento che diventa un puntino nero lontano.

All’epoca il GPS utilizzato aveva un’approssimazione di 70/80 metri, spaventoso in caso ci si perda in una tormenta di neve. Le distanze e i tempi sono difficili da stabilire, meglio non prendere appuntamenti in Antartide.

Tra gli aneddoti, racconta che dagli anni Novanta si sono staccate delle lastre grandi come la Danimarca e che l’Arabia Saudita ha provato a portarne alcune in patria per garantirsi l’approvvigionamento di acqua dolce.

È incredibile Cestmír Lukes, assolutamente privo di adrenalina nel suo racconto mentre i suoi compagni di viaggio sono collezionisti di record oppure si lanciano dall’aereo sperando si apra il paracadute. Lui ha conosciuto troppe persone morte in qualche impresa e vuole godersi il tempo che gli è concesso senza esagerare.
Di questa spedizione, la sua preferita assieme all’esperienza in Tibet, l’alpinista ceco non potrà mai scordare il suono che si sente quando i passi si fermano e nessun vestito struscia: il solo battito del proprio cuore.

Donatella Rivoir