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Due Giovanni all’Atelier Segantini

6 luglio 2016

Inaugurata sabato scorso una nuova mostra all’Atelier Segantini di Maloja. “I due Giovanni”, nel senso di Giovanni Segantini e Giovanni Giacometti.

La mostra nell’Atelier Segantini a Maloja ha come tema l’incontro fra Giovanni Segantini (1858-1899) che dal 1886 ha vissuto nei Grigioni, prima a Savognin e in seguito a Maloja, dal 1894 fino alla morte, e Giovanni Giacometti (1868-1933), residente in val Bregaglia. Sono esposti documenti e opere, in parte inediti, che raccontano la loro vita e il loro rapporto di amicizia basato su frequenti scambi di idee e di consigli. L’attenzione è puntata sugli scritti dei due artisti che suggeriscono in modo diretto e personale la progettazione di un lavoro comune, condiviso con stima reciproca.

Il sodalizio artistico dei due personaggi attivi nel medesimo ambiente alpino, fra cultura mediterranea e mitteleuropea, si basa su un’importante intesa che si sviluppa lontano dai centri cittadini. Giacometti informava il suo «maestro», come soleva chiamare Segantini, che poco poteva viaggiare, delle esposizioni a Milano, Monaco di Baviera e Parigi.

Dora Lardelli, curatrice della mostra (a sinistra), con Guido Magnaguagno, presidente della Società Segantini Maloja, e Ragnhild Segantini. I tre storici dell’arte presentano la nuova esposizione composta da opere originali e documenti in parte inediti.

Il primo incontro tra i due avvenne attraverso le opere di Segantini in mostra all’Esposizione Universale di Parigi del 1889. Scrive Giacometti nelle pagine intitolate Segantini in Engadina, del 1926, che lo «sorpresero tre quadri della sezione italiana. Non solo perché i temi di queste tele provenienti dalla mia patria dei Grigioni m’interessavano, ma soprattutto perché vi trovai l’aria e la luce delle mie montagne riprodotte con tale intensità come non ho mai potuto vedere altrove nella pittura».

«L’autunno dello stesso anno – scrive ancora Giovanni Giacometti – la famiglia si trasferì proprio a Maloja (1894). Subito andai a trovarlo. Anche questa volta era la signora Segantini che mi ricevette nel suo nuovo appartamento. Appena salutati chiamò su verso le scale. “Seganti! Scendi, Giacometti è qui!” Aveva già riferito a suo marito della mia prima visita a Savognin. Scese col passo svelto. Davanti a me c’era una figura indimenticabile. Un uomo di media statura in giacca sportiva chiara, un tipo di apparenza forte e agile. Folti capelli scuri e una barba nera cadente incorniciavano il suo giovane viso maschile con un nobile naso d’aquila, nel quale brillavano vivaci due occhi scuri pieni di fortuna e amore. Sorridendo, lieto mi dette la mano. Guardai pieno d’ammirazione il grande maestro che si occupava di un giovane principiante. Diventammo amici e si sviluppò una intensa relazione amichevole che ci legò fino alla sua precoce scomparsa».

Al primo incontro Segantini offre a Giacometti un catalogo della sua mostra a Palazzo Reale a Milano. In una lettera del 20 ottobre 1894 Giacometti riferisce a Cuno Amiet: «Sai, Segantini si è stabilito a Maloggia, e ieri sono stato a visitarlo. È un bellissimo tipo d’artista nel bello dell’età. Non ha frequentato nessun’accademia, ma si è fatto da sé. Ha combattuto molto e ha vinto. Girò pochissimo, e la sua arte rimase indipendente e personale. Fu molto affabile meco e conversammo lungo tempo insieme».

Nelle lettere si parla spesso del grande Panorama dell’Engadina, per la cui realizzazione Segantini intendeva coinvolgere l’amico e, per suo tramite, anche Ferdinand Hodler e Cuno Amiet.

Nell’ultima fase delle discussioni attorno al Panorama e al Trittico delle Alpi comunque Giovanni Giacometti e Cuno Amiet si meravigliano e si mostravano scettici su come i giornali comunicano lo sviluppo del progetto. In una lettera di Amiet del 29 giugno 1899 si legge: «Di Segantini nei giornali si sentivano orribili storie incredibili. Sembra faccia un paesaggio di neve di 14,5 metri e ci lavori fino all’ora degli spiriti e alle 6 di mattina si rechi di nuovo all’aperto con la tela, a meno 30 gradi. Un mese fa se ne parlava con i soliti grandi paroloni in tutti i giornali. Sembra che il Panorama padroneggi sempre ancora il povero Segantini. La sua ambizione sia stata talmente alimentata dall’idea dell’enorme dipinto di Max Klinger dell’anno scorso e vuole dimostrare al mondo che pure lui è capace di dipingere così tanta tela! Speriamo che non voglia esporre queste gigantesche tele nella sezione svizzera dell’Esposizione Universale».

Improvvisamente un attacco di peritonite ferma la realizzazione del grande progetto del Panorama, già ridotto al Trittico della Natura. Atterrito Giovanni Giacometti scrive il giorno prima della scomparsa del maestro il 27 settembre 1899 a Cuno Amiet: «E ora la cosa peggiore: il caro buon Segantini giace sullo Schafberg, a tre ore da Pontresina, in una piccola capanna lottando con la morte. Nella notte da domenica a lunedì è stato assalito da un’infezione intestinale oppure un’appendicite. I medici sono da lui: anche sua moglie è salita. Immaginati l’orribile situazione. Essere lassù con questo tempo freddo nebbioso e con neve, e neanche lo si può trasportare. Sembra bisogni fare l’operazione lassù. Ieri ci hanno telegrafato annunciando che bisogna temere la cosa peggiore. È orribile. Povero buon Segantini. E la sua grande opera La vita, La Natura e La Morte non potrà essere terminata».

Profondamente scosso dalla sua improvvisa scomparsa, Giovanni Giacometti lo ritrae sul letto di morte nella chiesetta di Maloja al lume di candela. Terminerà poi il quadro Le due madri che il maestro aveva lasciato incompiuto. Per parecchi anni Giacometti dipinge ispirandosi all’amico scomparso.

La morte precoce di Giovanni Segantini pone la sua arte a modello della pittura alpestre e della corrente simbolista. Egli rappresenta nelle sue opere il passaggio dal mondo contadino al progresso industriale e diventa un punto di riferimento per numerosi artisti a cominciare dal figlio Gottardo, al medico engadinese Peter Robert Berry, Erich Erler-Samedan fino ai più recenti come Joseph Beuys.

Giovanni Giacometti sviluppa in seguito uno stile postimpressionista e diventa, con Cuno Amiet, il maggior rappresentante del colorismo svizzero. Il suo interesse per la grafica si realizza in preziose silografie. Sicuramente ha dato un importante contributo alla formazione artistica del figlio Alberto, nato in una valle alpina isolata ma, allora come oggi, sensibile alla cultura e all’arte europea e aperta alle nuove sollecitazioni.

La mostra è stata realizzata in una collaborazione fra l’Atelier Segantini e l’Archivio culturale dell’Engadina alta. Rimane aperta fino al 17 ottobre 2016 mercoledì, sabato e domenica dalle ore 15.00 alle ore 17.00 o su richiesta al telefono 0041 81 824 33 54.

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