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L’Iva italiana è più amara

11 ottobre 2013 Nessun commento

Il confronto fra l’imposta in Svizzera e nel Belpaese premia la Confederazione, nonostante i prezzi più alti. Una notizia a cura di www.studio3163.com.

Anche stavolta si sta meglio dalla dogana in su. Certo, alla fin dei conti i prezzi sono più bassi in Italia rispetto a quelli svizzeri, ma se parliamo di Iva ancora una volta non c’è paragone. L’aumento dell’imposta registrato alcuni giorni fa in Italia è solo l’ultimo esempio dei numerosi salassi di cui sono vittime i consumatori italiani e del continuo peggioramento della situazione. In quarant’anni l’aliquota è cresciuta del 10% e il Paese è in cima alla classifica dei principali Stati europei oggetto di un’analisi di Confcommercio davanti a Belgio e Olanda (21%), Francia e Austria (20) e Germania (19).

L’Iva italiana
Nel Belpaese l’elenco dei beni al 22% comprende utensili e prodotti per la casa (ad esempio mobili elettrodomestici), articoli sportivi e biglietti, carburanti da trasporto e da riscaldamento, abbigliamento e accessori, giocattoli, telefoni e servizi, cosmetici e servizi (ad esempio i parrucchieri), cartoleria, cancelleria, servizi legali e contabili e parcelle dei liberi professionisti,. Aumentano anche i costi di bevande, succhi e analcolici, caffè, tè, vino, birra, superalcolici e tabacchi. Segno più anche per l’aliquota di tutto quello che riguarda auto, moto e bici, le imbarcazioni e l’informatica. Non subiscono aumenti (restano al 4%) i beni di prima necessità come pane, pasta, latte, giornali, libri e le case comprate dal costruttore. Sono stabili al 10% carne, pesce, energia elettrica, alberghi campeggi e alimenti acquistati in bar e ristoranti.

«Si paga il 22% sull’acqua minerale e sulla carta igienica – premette Manuela Aquino dalla piccola bottega di Santa Croce di Piuro, una delle ultime prima della frontiera -. Non credo proprio che si tratti di beni di lusso, di cui si possa fare a meno. L’elenco dei prodotti al 22 è lunghissimo: comprende tutti gli alcolici e le bibite. Fortunatamente pane, pasta e tanti altri prodotti acquistati quotidianamente dalle famiglie restano al 4 e ce ne sono altri, ad esempio i dolci, al 10. Ma le conseguenze si faranno sentire, ad esempio a causa dell’aumento dei costi di trasporto. La clientela non ne può più». Sul bancone del negozio di Piuro c’è una cassa di birra: l’aliquota è al 22.

L’Iva svizzera
Anche in questo caso basta attraversare il confine italo-svizzero per assistere a una vera e propria caduta delle percentuali dell’aliquota: una cassa di Calanda fa registrare un’aliquota del 2,5. Si potrebbero proporre molti confronti di questo tipo, anche per i prodotti tipici dei due territori della Bregaglia: i Biscutìn di Prosto battono la Nusstorte grigionese 10 a 2,5. Solitamente, come spiega il sito www.ch.ch, l’aliquota dell’Iva è pari all’8 per cento del fatturato imponibile. Vi rientra, ad esempio, ciò che è consumato in ristoranti e alberghi, mentre il pernottamento in albergo (colazione inclusa) è tassato all’aliquota speciale del 3,8 per cento.

All’aliquota ridotta del 2,5 per cento sono tassati certi beni di uso quotidiano quali generi alimentari, bevande analcoliche, libri, giornali, riviste, medicinali nonché biglietti per manifestazioni sportive e culturali assoggettati volontariamente all’imposta. «In pratica, per gli alimentari e le bevande alcoliche che non rientrano nei superalcolici ci si ferma al 2,5% – spiega Alberto Fogliada, titolare con la moglie Ursula Salis della pasticceria e del negozio di alimentari di Castasegna -. Si sale all’8 per i prodotti dell’igiene e della profumeria, per i liquori e i tabacchi. In generale l’Iva è bassa e questo rappresenta un incentivo al pagamento da parte di tutti». Parole sacrosante, quelle di Fogliada: se tutti pagano le imposte, il governo può evitare rincari. In Italia, invece, l’Iva cresce ed è sempre più amara. E sicuramente per i soliti furbi sarà un aumento indolore.

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