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Vita di Gran Consiglio

28 dicembre 2021

//tratto da Il Grigione Italiano\\
Covid-19 e vaccini: “Si è arrivati a confondere i fatti con le opinioni”. Intervista al deputato bregagliotto Maurizio Michael.

a cura di Silvia Rutigliano

Il primo e più importante punto all’ordine del giorno della sessione di dicembre del Gran Consiglio è stato, come sempre, il programma annuale di Governo. Ogni anno, infatti, l’Esecutivo estrapola dal programma quadriennale – preparato dalla Commissione strategica e di politica statale e approvato dal Parlamento – i temi che intende affrontare nell’anno imminente. Il Governo, in altre parole, struttura anno per anno gli obiettivi fissati, in modo da adempiere al mandato ricevuto.
La presentazione del programma spetta comunque alla Commissione strategica e di politica statale, della quale è presidente il nostro intervistato, Maurizio Michael.

L’anno scorso avevi sottolineato il fatto che in questa occasione i membri del Gran Consiglio hanno l’opportunità di intervenire su temi specifici, di discutere di temi cantonali generali.
Anche quest’anno è andata così. Io stesso ho sollecitato il Gran Consiglio ad approfittare dell’occasione per dare indicazioni al Governo, per dire ciò che ci si aspetta. E di questa possibilità è stato fatto largo uso da parte dei membri del Parlamento. Tanto più che fra cinque mesi ci saranno le elezioni e questo ha stimolato qualcuno a intervenire maggiormente rispetto ad altri tempi…

E quali sono stati i temi in discussione?
Il programma annuale tocca un po’ tutti i temi: riprende il contenuto – e definisce le priorità per il ’22 – del programma quadriennale, che va dal ’21 al ’24. Questo programma era stato dibattuto in Gran Consiglio un anno e mezzo fa, nella primavera del ’20. La discussione in questa sessione ha occupato tutto il lunedì pomeriggio e parte del martedì mattina.

Accanto al programma annuale, nel piano di lavoro c’era il preventivo.
Terminata la discussione sul programma annuale, si è passati al preventivo. Questo viene presentato dalla Commissione della gestione. Se il programma annuale conta una cinquantina di pagine, il preventivo ne conta oltre 300! Il tema del preventivo ’22 ha generato poca discussione. Perché la situazione finanziaria è abbastanza buona, quindi non ci sono grandi nodi che hanno prodotto discussioni specifiche.

Veramente, i media quotidiani hanno parlato di cifre rosse.
Che si arrivi alle cifre rosse è possibile, dovuto alle maggiori spese causate dalla pandemia e a un gettito fiscale minore, ma non è un problema. È stato anche presentato un rapporto che fa un’analisi economica futura della situazione contabile e questo mostra che la situazione non è preoccupante. Tanto che il partito liberale, al quale appartengo, ha consegnato un incarico nel quale chiede al Governo di valutare se non sia il caso di ridurre le imposte e quali, se si volesse avere una ricaduta positiva.

Quindi secondo te ci sono soldi in abbondanza.
No, credo sia sbagliato parlare di abbondanza. Credo però che lo stato debba definire in modo chiaro quali siano i suoi compiti e le sue competenze lasciando al cittadino e al mondo delle imprese il maggior spazio possibile.
Altri vorrebbero utilizzare le entrate fiscali aggiuntive per aumentare contributi in ambito sociale, ambientale ecc. È un approccio diverso, chiaramente: ci sono forze politiche che mirano al rafforzamento dello stato assistenziale tendendo ad assegnargli maggiori compiti e responsabilità e altre forze che credono in una maggiore responsabilità individuale.
Il Plr sostiene il principio che lo stato non debba incassare più di quanto ha bisogno per svolgere le sue funzioni di base. Personalmente concordo con questa posizione.

Cosa dice più in dettaglio l’incarico che avete presentato?
La richiesta è formulata in modo generale. Chiede al Governo di valutare la riduzione delle imposte tenendo conto della situazione economica e di proporre delle soluzioni concrete di intervento. L’idea è quella di rendere possibilmente interessante il regime fiscale al fine di promuovere il Cantone e attirare nuove imprese e nuovi abitanti.

Come pensi che si orienterà il Cantone in riferimento a questi due diversi approcci al bilancio?
Come spesso accade nel nostro Paese, le diverse forze e anime politiche si confronteranno e troveranno dei compromessi. In questo modo sarà possibile applicare delle soluzioni, se non proprio condivise, almeno comprese e accettate dalla maggior parte dei cittadini.

Avete poi parlato dell’adesione al Concordato intercantonale sugli appalti pubblici.
Il concordato è un tentativo di equilibrare a livello generale svizzero la prassi per gli appalti pubblici. L’obiettivo è di semplificare un po’ le cose. Oggi la prassi preponderante è l’assegnazione di un appalto al miglior offerente, ma presentare l’offerta più bassa non significa sempre offrire la soluzione migliore. Con il concordato intercantonale si prova a interpretare un po’ diversamente le norme che ci sono, lasciando maggior spazio all’ente pubblico quando assegna i lavori. Questo dovrebbe anche favorire imprese più vicine al territorio rispetto a quelle lontane. Comunque permangono criteri chiari e procedure trasparenti.

Passando a un altro punto, confesso che quando ho letto nel piano di lavoro «Revisione parziale della legge sui diritti politici» ho immaginato qualcosa di grosso, poi nella parentesi c’era scritto «introduzione del voto per corrispondenza senza spese di porto»… E mi è venuto da sorridere.
Si tratta proprio della legge sui diritti politici, perché il diritto di voto è un diritto politico, e nella legge è anche indicato come il voto viene espresso. Questa revisione deriva da un incarico che era stato elaborato dai giovani Udc e presentato dal presidente del partito, Roman Hug, del circolo Fünf Dörfer. Dicevano che uno studio dimostra che la gente vota di più se non deve procurarsi e apporre un francobollo sulla busta elettorale. Altri sostenevano che senza le spese di porto si andava ad alleggerire i costi per le famiglie. Anch’io avevo votato a favore dell’incarico, in prima linea perché sono dell’opinione che l’esercizio della democrazia per principio non debba costare nulla. Quindi l’incarico era stato approvato e il Governo, contro la propria volontà, ha dovuto preparare una revisione della legge.

Quindi adesso come stanno le cose?
La modifica riguarda un articolo della legge, che dice che il Cantone si assume i costi della spedizione postale. L’ho dovuta presentare io, perché si tratta dei diritti politici e quindi di competenza della Commissione strategica e di politica statale. Ne avevamo discusso in Commissione e ne abbiamo proposto l’approvazione: ciò è evidente, dal momento che si basa su un incarico approvato dal Parlamento. La revisione è passata con circa 70 voti favorevoli. Il Cantone quindi sosterrà le spese di tutte le elezioni e votazioni che si svolgeranno nel Cantone, anche quelle comunali.

Ciò riguarderà già le elezioni di maggio?
No, solo a partire dall’estate ’22. Prima non si riesce, perché la legge è sottoposta a referendum (90 giorni di tempo) e poi ci sono tempi tecnici, perché la Posta deve poi preparare i codici che vanno messi sulle carte di legittimazione per ogni Comune, in modo vincolante e che garantisca che non ci siano degli errori. Per i Comuni che già oggi hanno la spedizione gratuita, non cambia nulla, se non il fatto che in futuro il conto sarà pagato dal Cantone.

È una spesa consistente per il Cantone?
Il Governo ha calcolato i costi in questo modo: se tutti quelli che normalmente votano (circa il 50%) votassero per corrispondenza, la spesa ammonterebbe a poco meno di 400’000 franchi all’anno. La mia Commissione calcola che in realtà la cifra sarà più bassa, perché riteniamo che anche in futuro chi è abituato a consegnare la scheda di persona continuerà a farlo. In più fra poco verrà attivato il voto elettronico che contribuirà ad un ulteriore cambiamento delle abitudini.

E naturalmente non poteva mancare l’argomento pandemia, la Covid-19, come dicono al femminile sia il Cantone sia la Confederazione.
Il Governo ha presentato la situazione attuale: ogni Dipartimento ha presentato i propri ambiti d’azione. E poi ci sono state domande e dibattito. Nell’ora delle domande, il Governo aveva già risposto alle domande precedentemente inoltrate. Le informazioni su questo tema sono ormai di dominio pubblico. È superfluo ripeterle qui.

Allora potresti raccontare che aria tira in aula.
In linea di principio c’è condivisione con l’approccio del Governo. Il Governo ha l’obiettivo di evitare chiusure, ma anche monitorare per garantire a livello economico una stagione serena. Questo posiziona il Governo anche nei confronti di Berna, come è già stato l’anno scorso. Viene perseguito il tentativo di attuare misure oggi ritenute necessarie che siano sufficientemente incisive da evitare misure più drastiche successivamente.

Gli ambiti che stanno a cuore al Parlamento quali sono?
I temi toccati sono l’introduzione del 2G: per il mondo economico, quello turistico, quello degli eventi. L’impressione è che al di là delle problematiche legate al sistema sanitario, ci sia un velato ottimismo che le misure prese abbiano un effetto positivo. Pur avendo avuto un forte aumento di casi (quasi triplicati) rispetto al peggior momento dell’anno scorso, non abbiamo un maggior numero di malati gravi in terapia intensiva. Anche se siamo quasi al limite. Questo indica che la vaccinazione sta aiutando non poco. L’80% delle persone in terapia intensiva è gente non vaccinata, talvolta il 100%.

Non la pensa così la tua collega Myriam Fasani-Horath che è stata criticata perfino dal Blick, perché ha sostenuto in aula che le vaccinazioni danno un rischio di morte dieci volte maggiore del virus.
L’ideologia è un problema presente nella nostra società, oggi più che mai. L’intervento della granconsigliera supplente di Mesocco ha creato non poche reazioni tra i parlamentari e coloro che hanno seguito le discussioni. Lo testimonia lo stesso articolo apparso sul sulla stampa nazionale che ha parlato apertamente di diffusione di “fake news”.
Il contenuto dell’intervento della deputata supplente Fasani-Horat ha messo in agitazione anche alcuni rappresentanti della Deputazione del Grigioni italiano, in particolare alcuni colleghi del Moesano che ci tengono a ribadire che la posizione espressa non è rappresentativa della propria regione.

Secondo te, qual è il problema?
Si è arrivati a confondere i fatti con le opinioni, a prendere per buoni dati di ignota provenienza che girano nel web anziché i dati ufficiali. Devo dire che all’inizio della pandemia, l’anno scorso, mi preoccupava molto che non si potesse esprimere una propria opinione, anche se critica. Ma oggi si può discutere e non ci troviamo più in una realtà in cui chi la pensa diversamente non può dirlo. Le teorie del complotto che circolano nel web e non solo sono poco credibili e nella maggior parte dei casi sono addirittura ridicole.

Qualcuno mette in dubbio anche i dati, non solo le intenzioni.
Si sa che all’inizio era difficile raccogliere i dati. Ci sono stati errori, involontari e in alcuni casi anche volontari in primo luogo per motivi economici. Ma poi i criteri sono stati definiti meglio e la raccolta dei dati è stata perfezionata, anche e soprattutto da noi in Svizzera dove, lo sappiamo, regna una certa precisione.
Le tecnologie – Internet e i social, per intenderci – ci portano a doverci confrontare con nuove forme di comunicazione e di partecipazione che non sempre riusciamo a gestire: ogni volta che «navighi» sei catapultato in una realtà che conferma ciò che pensi e che ti reindirizza a contenuti simili. Questo purtroppo vale anche per i dati e le interpretazioni diffuse che spesso non corrispondono alla realtà o quantomeno sono estrapolati da un contesto diverso e non paragonabile. Da un lato la nostra società dovrà imparare a convivere con questa nuova situazione, dall’altro dovrà dotarsi di strumenti conoscitivi, ma anche di regole che permettano di contrastare il fenomeno, specie quando la diffusione di disinformazione avviene in malafede.

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