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Cresce il dibattito geologico attorno alla frana di Bondo

4 settembre 2017

Doris Leuthard si sbaglia, il mutamento del clima riduce il rischio di frane. Questa la tesi di Ueli Gruner, geologo e detentore della cattedra dei pericoli naturali all’Università di Berna.

Doris Leuthard sbaglia nel sostenere che gli eventi come quello di Bondo rappresentano una conseguenza dei cambiamenti climatici: i pericoli dovuti al surriscaldamento aumentano solo a quote elevate, mentre vicino alle zone abitate la roccia diventa addirittura più stabile, afferma un geologo.

Poche ore dopo i drammatici eventi di Bondo – ha ricordato sabato la Schweiz am Wochenende – la presidente della Confederazione Leuthard aveva pronta una spiegazione per la catastrofe: i mutamenti del clima. “Anche se taluni non ci credono ancora, vi saranno altri eventi di questo tipo”, aveva affermato la ministra dell’ambiente e dei trasporti.

Secondo il settimanale le sue affermazioni vengono però messe in dubbio dagli esperti. “Non sono d’accordo con l’asserzione di Doris Leuthard”, afferma Ueli Gruner, geologo e detentore della cattedra dei pericoli naturali all’Università di Berna, citato nell’articolo.

Un’analisi dei dati dell’Istituto per lo studio della neve e delle valanghe (SLF) mostra che nelle Alpi il crollo di una montagna avviene in media circa ogni cinque anni: un aumento della frequenza in seguito al riscaldamento climatico non è stato constatato.

La riduzione del permafrost può essere uno di diversi fenomeni all’origine di eventi come quello di Bondo, ma non può esserne la causa diretta. Al contrario, l’ultimo periodo caldo risale a 6’000-8’000 anni fa e “in quel lasso di tempo, contrariamente a quelli più freddi, non vi sono stati crolli di montagne”.

Fuori discussione è il fatto che oltre i 2’500 metri, dove il permafrost si riduce, le frane di limitate dimensioni aumentano: ma il pericolo interessa solo gli alpinisti, perché nelle aree in questione non vi sono villaggi.

Nelle regioni abitate per contro le temperature più elevate secondo Gruner avranno un effetto positivo. In quelle zone la gran parte delle frane sono osservate dopo un inverno rigido: se questa stagione diventerà tendenzialmente più calda la roccia si farà più stabile.

All’origine dei vasti crolli noti storicamente vi sono intense piogge su più giorni. I cambiamenti climatici portano tendenzialmente temporali più intensi, ma non a precipitazioni di diversi giorni, continua il settimanale.

In Vallese una cinquantina di luoghi alpini sono costantemente monitorati. Secondo il geologo cantonale Raphaël Mayoraz il 5-10% è a rischio per i cambiamenti climatici: si tratta soprattutto di problemi legati allo scioglimento dei ghiacciai. Il resto, 90-95%, è normale erosione delle Alpi.

Fonte: Agenzia Telegrafica Svizzera

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