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Ripensare la Svizzera italiana come comunità degli italofoni

11 giugno 2015

//comunicato stampa\\
Riflessioni intorno al Messaggio sulla cultura. Martedì 2 giugno si è tenuto a Palazzo federale un incontro che aveva l’obiettivo di sottolineare l’importanza dell’approvazione del Messaggio sulla cultura 2016-2019 nella misura in cui esso prevede aperture di grande significato sui temi del plurilinguismo e della promozione della lingua italiana in Svizzera.

Queste aperture confermano la lungimiranza con cui la Pgi ha guardato alle questioni di politica linguistica negli ultimi anni e hanno dunque ricevuto il pieno appoggio da parte del Sodalizio nella presa di posizione inoltrata lo scorso mese di settembre all’attenzione del Consiglio federale.

A conclusione della giornata in cui il Consiglio nazionale ha respinto le proposte di risparmio chieste dalla Commissione delle finanze, all’incontro hanno preso parte la direttrice dell’Ufficio federale della cultura Isabelle Chassot, che è stata recentemente in visita a Coira, i co-presidenti dell’intergruppo parlamentare «Italianità» on. Silva Semadeni e on. Ignazio Cassis, diversi altri parlamentari, nonché la presidente della Pgi Paola Gianoli e il presidente della fondazione «Amiche e Amici della Pgi» dr. Sacha Zala, di cui pubblichiamo di seguito il breve intervento:

Stimati Copresidenti, Stimati Membri delle Camere federali, Care amiche e cari amici della lingua italiana,

Sto leggendo, in questi giorni, un libro perlomeno un po’ strambo, dall’emblematico e apodittico titolo Perché gli svizzeri sono più intelligenti, opera del figlio di Dario Fo e Franca Rame, Jacopo: «Nato nel 1955 – recita il risvolto di copertina -, avrebbe voluto essere svizzero. Invece è italiano e vive pure in Italia. Una situazione incresciosa. (…) Si è consolato scrivendo questo libro che contiene un elogio sperticato del modo di vedere il mondo degli elvetici».

In effetti, questo libriccino riprende in maniera del tutto originale diversi miti e clichés svizzeri. Certi sono di dubbissima fattura intellettuale, come talune considerazioni di natura archeologica sul presunto carattere «genetico» svizzero, altre come il federalismo o il principio della territorialità per le lingue sono certamente elementi costitutivi forse non per spiegare perché gli svizzeri sono più intelligenti, come dice il titolo del libro, ma certamente per spiegare perché gli svizzeri, perlomeno a partire dallo Stato federale, siano riusciti – con intelligenza – a coabitare pacificamente nonostante le loro differenze. E questa pacifica convivenza tra le diverse lingue del Paese deve essere per noi fonte di veri e genuini sentimenti patriottici.

Quale storico ritengo che sia il federalismo sia il principio della territorialità siano state geniali invenzioni dello Stato federale per superare con successo le lacerazioni apertesi con la guerra civile del Sonderbund del 1847. Ambedue gli strumenti permettevano di pacificare le diverse parti del Paese, «neutralizzando», per così dire, l’enorme esplosività che la sua eterogeneità linguistica, religiosa e culturale potenzialmente implicava. La soluzione scelta per la società del XIX secolo si è rivelata vincente per un lungo periodo. Dobbiamo però oggi avere anche il coraggio di chiederci se queste soluzioni, pensate per una società praticamente statica, possano continuare a costituire l’unica via per risolvere le questioni poste dalla nostra odierna società, marcata da una forte mobilità geografica ma pure sociale. È proprio per questi motivi che, per una comunità minoritaria come quella del Grigionitaliano, questi meccanismi di protezione delle minoranze del XIX secolo possono divenire persino controproducenti. Se pensiamo allo spopolamento del nostro territorio alpino e agli intensi flussi migratori interni al Paese durante il processo di urbanizzazione durante il XX secolo, dobbiamo constatare che più della metà degli italofoni in Svizzera non vive né in Ticino né nel Grigionitaliano, vive ovvero al di fuori dei territori autoctoni e vive dunque priva della protezione del federalismo e del principio della territorialità. Le misure di protezione offerte da questi due strumenti posso rivelarsi ai giorni nostri come delle vere e proprie «trappole». Proprio per questo motivo la Pro Grigioni Italiano s’impegna con energia per la promozione e la diffusione dell’insegnamento dell’italiano al di fuori del suo territorio di diffusione tradizionale. È dunque importante rafforzare sempre più un concetto di Svizzera italiana che non sia più soltanto legato al territorio ma anche concepito quale comunità degli italofoni in Svizzera.

La nostra situazione nei Grigioni non è delle più facili. Non abbiamo alcuna possibilità di conseguire un diploma di maturità interamente in italiano e questo, si noti, a casa nostra. Per decenni i grigionitaliani hanno dovuto superare un esame di ammissione alle scuole superiori, che in anni recenti è stato giudicato anticostituzionale da parte del Tribunale amministrativo cantonale. Dal 2008 nella città di Coira sono state istituite classi scolastiche bilingui: si tratta di uno dei nostri maggiori e più importanti successi. Nonostante il grande successo dell’insegnamento bilingue (quest’anno vi sono cinquantaquattro iscritti per la prima classe, con la necessità di prevedere molto presto la creazione di una terza sezione), a partire dal 2008 abbiamo dovuto combattere sul piano politico ben tre tentativi di porre fine a questo esperimento per mere questioni di risparmio. Inoltre, in tempi recentissimi, siamo anche stati confrontati con una deleteria iniziativa popolare che intendeva annientare l’insegnamento dell’italiano nelle scuole elementari della parte germanofona del nostro Cantone. Quest’ultimo attacco è stato fortunatamente decretato quale anticostituzionale da parte del Gran Consiglio retico.

Care amiche e cari amici, se veramente oggi vogliamo trovare delle risposte alla domanda «perché gli svizzeri sono più intelligenti?», allora credo che sia importante rinvigorire la principale virtù della ricerca del bene comune. Sono dunque lieto di vedere con quale lungimiranza e intelligenza il Messaggio sulla cultura voglia rafforzare la coesione sociale tra le parti del Paese. Con gli strumenti delle scuole bilingui, gli scambi di classe, gli scambi culturali tra regioni linguistiche, le traduzioni di opere letterarie di autori svizzeri nelle altre lingue nazionali, l’adeguata rappresentanza delle minoranze nella amministrazione pubblica, il potenziamento dell’ATS/ANR per lo scambio d’informazioni tra regioni linguistiche, il Messaggio trova giuste strategie per gestire l’incontro delle diverse culture nazionali. Si tratta di un approccio molto promettente per gli italofoni che vivono «fuori dal territorio» e dunque una strategia che rafforza la Svizzera italiana tutta.

Siamo quindi grati alla Confederazione per offrire la possibilità di un insegnamento in italiano nei centri urbani dell’intero Paese e confidiamo nelle rinnovate energie dell’Ufficio federale della cultura per promuovere, con tutti gli attori della nostra struttura federale, questa vitale misura per la minoranza di lingua italiana.

Nell’interesse di tutto il Paese, auspico che la Confederazione diventi sempre più attiva nella politica linguistica. Soltanto con il suo aiuto sarà possibile svincolarci dalle trappole del territorio e del federalismo e ritrovare quegli equilibri necessari al Paese per la nostra società del XXI secolo. E allora sì che saremo veramente riusciti a dimostrare «perché gli svizzeri sono più intelligenti».

www.pgi.ch

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