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Società culturale: 15 anni di rottamazione in sordina

23 marzo 2023

//riceviamo e pubblichiamo\\
Un contributo di Marco Giacometti, Stampa.

Tra pochi giorni la Società culturale deciderà di istituire una fondazione di diritto privato e di cedere l’insieme del patrimonio di sua proprietà. L’establishment culturale bregagliotto sta per sfoggiare il suo abito più camolato: donerà a un piccolo gruppo di persone non solo una preziosa collezione museale, ma anche dei beni immobili che caratterizzano profondamente la storia e l’identità culturale bregagliotta: il masso avello che riporta al capitolo di storia romana, la Ciäsa Granda della famiglia Stampa e l’atelier di Giovanni e Alberto Giacometti. Il tutto mi rende molto triste: il patrimonio culturale lasciatoci in eredità da molte personalità del posto sembra essere troppo grande per la valle di oggi.

Se guardiamo indietro siamo di fatto già abituati alla svendita del patrimonio immobiliare conferito da benpensanti alla Società culturale di Bregaglia. Sotto la direzione di Gian Andrea Walther la villa Garbald a Castasegna è infatti stata ceduta a una fondazione in mano a cerchie zurighesi; invece di realizzare appartamenti abbordabili per residenti, degli architetti che si definiscono attraverso dei riconoscimenti hanno creato, ancora recentemente, delle lussuriose residenze di vacanza. Ma quello era un edificio “estraneo” alla cultura bregagliotta, sia per origine che per progettazione e finanziamento. Da 15 anni invece, con un approccio autoritario e non trasparente, si assiste, da parte del nostro mainstream culturale, alla disfatta di ciò che in una valle poco popolata come la nostra avrebbe dovuto essere legato, sfruttando idee innovative e l’insieme delle forze interessate a una promozione culturale al passo con i tempi.

L’azione centrifuga della Società culturale di Bregaglia è iniziata nel 2009, quando, sotto la presidenza di Rosita Fasciati, l’associazione ha rifiutato di allargare la promozione culturale alla dimensione immateriale trasmessoci dalla famiglia di artisti di Stampa, provocando così la nascita degli Amici del Centro Giacometti e della Fondazione Centro Giacometti. Bruna Ruinelli e i suoi seguaci hanno in seguito scorporato l’Artigianale Bregaglia, ripreso da una nuova società e “adottata” da Bregaglia Engadin Turismo. Con l’abbandono dell’archivio storico la Società culturale ha poi fatto un ulteriore passo: libri, lettere, fotografie e altri documenti di sua proprietà sono andati a un’associazione fortemente voluta dal Walther che, nella sua residenza signorile, è parecchio fiero di sedere sui documenti in parte raccolti anche dalla Ciäsa Granda. Ma l’ultima e decisiva tappa verrà concretizzata a breve.
Invece di istituire una fondazione con lo scopo principale di preservare le collezioni museali, come sarebbe giusto fare, la Società culturale sta per cedere l’insieme delle sue proprietà, anche gli immobili. Un vero peccato: la nuova fondazione avrà mano libera con il rischio di un’ulteriore fuga del patrimonio culturale bregagliotto all’infuori della valle. Non sono infatti previste clausole che vietino la vendita di opere d’arte e che regolino il destino dei beni immobili nel caso la fondazione venisse sciolta. Non sono inoltre sicuro che il costituendo consiglio di fondazione sia cosciente dell’impegno organizzativo e finanziario al quale sta andando incontro. Chissà quali sono i suoi progetti di sviluppo e di gestione del gremio, sempre che riesca a far ripartire un museo che, così come è pensato oggi, non ha futuro.

Come nome (impossibile per quasi tutti gl’interessati) e come concetto, la Ciäsa Granda è troppo piccola (anche se ristrutturata), troppo scomoda e troppo tradizionale per raccogliere l’interesse che invece saprebbe esprimere il ricco patrimonio culturale bregagliotto nel suo insieme. La fissazione sull’oggetto e sull’immobile, senza contestualizzazione, narrazione, digitalizzazione, autenticità, comunicazione mirata e collaborazione sincera non permetterà di riscuotere il successo di pubblico necessario per finanziare le attività, per assicurare orari di apertura accettabili e per dare soddisfazione a chi si occupa del museo stesso. Senza un’anima culturale bregagliotta non sarà possibile far rivivere degli involucri architettonici, seppur preziosi, e dare continuità alla promozione culturale. Un approccio di stampo integrale, portato a conoscenza anche al municipio del Comune di Bregaglia e che potrebbe in ogni momento essere ripescato, era stato proposto alcuni anni fa dalla rinomata casa di scenografia Steiner Sarnen e si chiamava “Esperienza Bregaglia”.
Sarà interessante leggere lo statuto che si darà la Società culturale di Bregaglia quando non disporrà neanche più di un tavolo attorno al quale sedersi. Verrà probabilmente relegata a quella che oggi è la Pgi Bregaglia. Ma sarà un compito facile, anche per anime comode: gli eventi, tramite la Pgi, godono infatti di corpose sovvenzioni federali e cantonali e del sostegno organizzativo di un operatore culturale salariato.
Auguro sin d’ora buon lavoro, molta fortuna e lungimiranza al nuovo consiglio di fondazione che prenderà in mano a breve il museo culturale della Val Bregaglia. Il compito sarà appassionante, ma servirà ciò che da 15 anni è venuto a mancare: messa a fuoco del contenuto invece che della facciata, competenza nell’ambito della concezione e della gestione museale e capacità di dirottare ingenti somme di danaro dai centri alla periferia. Con uno spirito collaborativo e integrativo è possibile farcela.

Marco Giacometti, Stampa

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