L’ombra

//riceviamo e pubblichiamo\\
Di Ursula Fogliada Salis.


C’era una volta un’ombra che aveva perso il suo bambino.
Povera ombra senza il suo bambino. E povero bambino senza la sua ombra.
L’ombra andò allora nella foresta morta dove c’erano solamente le ombre degli alberi.
Povere ombre senza i loro alberi. E gli alberi, dove sono gli alberi della foresta morta, la foresta delle ombre degli alberi.
L’ombra chiese e chiese degli alberi alle ombre, ma le ombre non rispondevano.
L’ombra chiese ancora e ancora, ma le ombre degli alberi tacevano.
Distesa in mezzo alle ombre della foresta morta le venne da piangere e pianse tre lacrime: una per il suo bambino, una per gli alberi e una per sé.
Dalle lacrime dell’ombra spuntò, nacque e crebbe un maestoso albero bello e forte.
“Ombra” disse l’albero “grazie alle tue lacrime la foresta potrà rinascere: dimmi come posso ringraziarti?”
“Albero” disse l’ombra “vorrei ritrovare il mio bambino, perso molto tempo fa.”
“Vieni andiamo dal re delle ombre, delle foreste e degli umani lui saprà dirti dove sta.”
Andarono dal potente re l’ombra e l’albero, ma il re nulla sapeva di un bambino senza ombra.
“Ma come” disse l’ombra “tu sei il potente re delle ombre, delle foreste e degli umani.”
“Ombra” disse il re “cerca se vuoi tra gli umani, con un poco di buona sorte forse troverai il bambino senza ombra.”
La buona sorte venne in aiuto all’ombra e quella ritrovò il suo bambino e veramente ecco il bambino senza ombra.
Ma che bambino: capriccioso, sempre imbronciato. Tutto voleva e tutto otteneva, ma mai contento era.
“Ah, ecco come ho perso il mio bambino” si disse l’ombra “per la disperazione sono scappata via da lui.” E nuovamente se ne scappo via per non far più ritorno.

Bambini attenti, controllate sempre d’avere la vostra ombra. Non aver più la propria ombra significa essere diventati come quel bambino mai contento, sempre imbronciato e capriccioso.