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La banana di Bil-Bol-Bul

25 ottobre 2016 Nessun commento

Di Silvia Corfu. Storia pubblicata tre anni fa nel “Il Grigione Italiano”.

A Coltura negli anni ‘50 la frutta esotica non arrivava ancora. I mandarini e le arance ci venivano regalati il giorno del San Nicolao e a Natale. Però non era così che eravamo privi di frutta. Già a giugno andavamo a raccogliere fragole nei prati, sempre con la paura delle vipere. Più tardi, nel bosco della Palü trovavamo i mirtilli anche se raccogliere mirtilli era quasi un lavoro da uomo. Il babbo e lo zio si recavano fino a Maroz o sul Fil e tornavano coi “giof” pieni. Il babbo poi di tanto in tanto prendeva la bicicletta e si recava alla dogana a comprare pesche e uva.

Negli orti di Coltura maturavano fragole, ciliegie, ribes, pere, prugne, mele. In alcuni orti c’erano alberi da frutta “proibita” ma le nostre scorribande “ruba frutta” iniziavano a maggio coi rabarbari dei Crűzer. Le pere del Dolfo erano pregiate anche se poi la mamma ci sgridava. Vedere il Dolfo infuriato ci dava una certa soddisfazione anche perché lui brontolava sempre quando noi, nelle lunghe sere luminose di giugno, invece di andare a dormire si schiamazzava sulla piazza davanti a casa sua. Pregiatissime erano poi le prugne violette nell’orto del barba C. Tanto lui e la famiglia erano via, a Maloggia e, una prugna su o giù, non si sarebbero accorti di niente.

L’orto del nonno apparteneva alla categoria “orti proibiti”. Non era che la mamma ci incoraggiasse nelle nostre avventure ma ci proibiva assolutamente di toccare le ciliegie, le pere e le mele nell’orto del nonno. Anche le noci del Rodolfo a Valär erano proibite. Una volta lui si era lamentato con la mamma, sua cugina, che gli avevamo rubato le noci; una delle poche volte che la mamma ci dette una bella sculacciata.

Le immagini di frutta esotica le vedevamo nel Corriere dei Piccoli. Così mi ricordo della bella banana gialla di Bil-Bol-Bul, il moretto africano dalle mille avventure. Grande fu la mia delusione quando un giorno la zia di sopra, quella che lavorava in città venne a dirmi di andar su che mi aveva portato una banana. Mi disse poi di non dire niente ai fratelli e alle sorelle perché la banana era solo una! Quando arrivai nella loro cucina, vidi su un piattino una massa grigiastra che non assomigliava per niente alla banana di Bil-Bol-Bul. La zia me l’aveva schiacciata come si fa per un bébé. Mentre inghiottivo la pappa, lei piena di anticipazione mi chiese se era buona. Naturalmente dissi che era buona ma  devo ammettere che la banana, da quella volta della mia grande delusione, rimane per me un frutto “stupido” che non mi piace neanche tanto. La porto al lavoro quando so che non ho tempo per mangiare.

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