Calendamarz/Calendamärz
È una tradizione celebrata il primo giorno di marzo (inizio dell’antico calendario romano) e diffusa con le sue variazioni in val Bregaglia, in Engadina (“chalandamarz”), in val Monastero, in val Sursette, nella valle dell’Albula e in val Poschiavo (“pupocc da marz”).
Non tutti sanno che questa antica usanza pagana era ed è in parte tutt’ora diffusa anche nella vicina Italia.
Nella Bregaglia italiana, in Valtellina e a Como infatti il calendimarzo viene chiamato “ciamà l’erba” o “marziroo” (Sorico).
I bambini – un tempo solo i maschi – a suon di canti e campanacci scacciano l’inverno e gli spiriti maligni dell’anno vecchio, invitando l’erba a risvegliarsi dal torpore invernale.
Nelle zone rurali dell’arco alpino e nelle regioni circostanti, sopravvivono fino ad oggi questi riti propiziatori legati alle stagioni, alla fecondità della terra e alle credenze spirituali abbandonate con l’avvento del Cristianesimo.
Mentre il carnevale è una festa di stampo cattolico, il calendimarzo è un rito che trae le sue origini da civiltà alpine e pagane antiche che si è probabilmente fuso nel tempo con le tradizioni degli antichi romani.
Curiosità dal passato
Mi dispiace dissentire ma i termini che lei vede come ambivalenti non lo sono affatto. La denominazione “Val Chiavenna” o più comunemente “Valchiavenna” innanzitutto è un’invenzione recente. Si riferisce non a una valle ma all’area che si estende dal confine con i Grigioni fino ai confini con la Valtellina, Lecco e Como, (Fuentes-Colico) compresa la Valle Spluga e località come Mese, Gordona e Samolaco, per intenderci. Quando si parla di “Bregaglia italiana” si intende il versante geografico della valle Bregaglia che termina per conformazione a Chiavenna. Non a caso il libro Das Bergell (1901) di Silvia Andrea descrive tutta la valle Bregaglia fino a Chiavenna senza badare ai confini politici, come si ama fare oggi.
Elena Giacometti
Sento spesso dire Bregaglia italiana….non mi piace! Bregaglia sino a Castasegna e poi Val Chiavenna. Fertig!!
Reto