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Cinema Campodolcino

23 luglio 2015

Torna per il settimo anno la rassegna “Echi delle Alpi: ambiente e tradizioni”, curata dal critico cinematografico Nicola Falcinella, al Ecomuseo Mu.Vi.S. Campodolcino. Nove titoli per cinque serate tra documentari e opere di finzione.

I temi come di consueto sono i più vari, dallo sport alle attività lavorative, dai riti tradizionali ai personaggi storici. Tutti i film sono ambientati tra Lombardia e Trentino. Uno di questi, “Estratti dalla pietra. Uomini e pietre della Valmalenco, dal passato al futuro” di Simone Bracchi, è ambientato in Valtellina.

In apertura c’è “Yema e Neka” (2015) del sondriese Matteo Valsecchi, che interverrà alla serata, abbinato a “Contadini di montagna” (2015) di Michele Trentini, che mette a confronto due generazioni di contadini.

Si segnala in particolare “Il mattino sorge ad est” (2014) di Stefano Tagliaferri, unico lungometraggio di finzione della rassegna, girato interamente in Valsassina e che sta circolando con un buon successo.

Il ciclo di film è l’occasione per vedere opere che hanno una circuitazione limitata, per discuterne e confrontarsi e per riflettere sui diversi aspetti della vita nel mondo alpino, di osservarne le trasformazioni, di ricordarne gli usi, di conservarne la memoria. Un puzzle di immagini che si compone nell’insieme dei nove lavori selezionati, dallo sport agonistico a quello amatoriale, dai carnevali alla poesia, dalle utopie alla vita quotidiana nelle valli.

Alle proiezioni saranno presenti alcuni dei registi.

PROGRAMMA

Domenica 26 luglio

“Yema e Neka” (2015) di Matteo Valsecchi

“Contadini di montagna” (2015) di Michele Trentini

Martedì 28 luglio

“Allenarsi!” (2014) di Alberto Valtellina

“Tre carnevali e mezzo” (2007) di Michele Trentini

Mercoledì 29 luglio

“La Greenway del fiume Oglio” (2014) di Eric Tornaghi

“Il cielo in me – Vita irrimediabile di una poetessa” (2014) di Sabrina Bonaiti e Marco Ongania

Giovedì 30 luglio

“Estratti dalla pietra. Uomini e pietre della Valmalenco, dal passato al futuro” (2014) di Simone Bracchi

“Ora cammina con me” (2012) di Stefano Tagliaferri

Venerdì 31 luglio

“Il mattino sorge ad est” (2014) di Stefano Tagliaferri

LE SCHEDE DEI FILM

“Yema e Neka” (2015, 25’) di Matteo Valsecchi

Due fratelli etiopi, adottati da una famiglia italiana, grandi promesse dell’atletica leggera. Il documentario “Yema e Neka” del sondriese Matteo Valsecchi è questo e anche molto di più. Una storia sorprendente ambientata in Trentino, una famiglia da primato e un esperimento di comunità molto coraggioso. A Montagne, nelle Valli Giudicarie, si trasferirono da Milano anni fa i Crippa, con l’obiettivo di creare una grande famiglia. La coppia adottò per primi due fratelli dell’Etiopia, che venivano da un nucleo molto numeroso, da qui l’idea di portare in Italia e adottare tutti e nove i fratelli. Tra questi Yema e Neka, talenti della corsa che Valsecchi: il primo ha partecipato ai Mondiali juniores nei 1500 ed è campione europeo junior di corsa campestre; Neka, maggiore di due anni, è stato campione del mondo juniores nella corsa in montagna e sogna un podio alle Olimpiadi. I due atleti, spesso in viaggio per gare e allenamenti, sono parte di una piccola comunità, allargata a tre amici d’infanzia della coppia che hanno problemi psichici. Un’oasi di libertà e utopia dove tutte le barriere sono state superate, una famiglia allargata nel senso più bello, allargata oltre ogni pregidizio e anche oltre i limiti della ragionevolezza. A spezzare il quadretto idilliaco, la scelta della madre adottiva, che non appare nel film, di tornare a vivere in città, lasciando al marito Roberto la responsabilità di tutto. “La sofferenza è stata tanta, ma io ho voglia di vivere”, commenta l’uomo davanti a questo fatto. La voglia di vivere, di gareggiare e darsi da fare accompagna anche i due protagonisti che hanno ambizioni sportive e non solo. Sono tornati una volta in Etiopia, all’orfanotrofio e al paese natale. “Ci sentiamo, con Facebook” affermano. Poi Neka aggiunge: “Mi sento trentino ma sono anche legato all’Etiopia”. E anche Yema ha le idee chiare: “voglio ricambiare la fortuna che ho avuto”. Tra i giri di pista in allenamento, le gare su strada, gli allenamenti in salita anche con la neve, i due giovani sono la bandiera di una nuova Italia. Non hanno remore a parlare del razzismo che vivono o subiscono quotidianamente, ma sanno di aver ribaltato molti pregiudizi nelle persone che li hanno conosciuti. Pur nella breve durata, un lavoro che racchiude diversi aspetti, dalla solidarietà all’accoglienza, alla vita in montagna allo sport all’amicizia, e a fornisce parecchi stimoli allo spettatore. Un lavoro molto interessante per il venticinquenne sondriese, diplomato al Cisa di Lugano e studente alla Scuola civica di Milano con all’attivo alcuni cortometraggi di finzione. Presentato al 63° Trento Film Festival e al Fcaal di Milano – Festival del cinema d’Adrifa, Asia e America Latina.

“Contadini di montagna” (2015, 74’) di Michele Trentini

Valle di Cembra, Trentino. Nel contesto di uno dei paesaggi terrazzati più suggestivi dell’arco alpino, coltivato quasi esclusivamente a vigneto, due generazioni di contadini si raccontano. Se i gesti dell’uomo tra i filari appaiono quasi immutati, la nuova generazione sembra interrogarsi maggiormente sulle contraddizioni dell’agricoltura di montagna, della diversificazione colturale e della tutela del paesaggio. Rare immagini d’archivio affiancate a quelle di oggi, narrano il lavoro dell’uomo e il ritmo delle stagioni.

“Allenarsi!” (2014, 58’) di Maurizio Panseri e Alberto Valtellina

Un enorme blocco di roccia crolla e si schianta all’ingresso della cava di Trevasco, a Nembro, è il 24 dicembre 2010. La “Cava” è uno dei luoghi storici dell’arrampicata nella provincia di Bergamo. Mentre si accende la disputa sull’opportunità di concedere ancora l’accesso alla Cava, si snoda la produzione di “Allenarsi!”. I registi raccolgono testimonianze, aneddoti, opinioni e fatti, si infilano sotto la Cava, si insinuano in una riunione in Comune, incontrano alcuni alpinisti “nati” in Cava.

Un film che è una dichiarazione d’amore per un luogo controverso, strano, difficile, bellissimo e inquietante, un luogo dove allenarsi è un imperativo: Allenarsi!

“Tre carnevali e mezzo” (2007, 50’) di Michele Trentini

Un giorno a Valfloriana in val di Fiemme, un giorno a Grauno in val di Cembra, un giorno a Palù del Fèrsina nella val dei Mòcheni, un giorno a Varignano presso Arco, al seguito di tre (e mezzo…) dei più significativi carnevali tradizionali del Trentino. Lontani dal formato ormai prevalente del corteo di carri mascherati, questi carnevali in realtà corrispondono ad altrettanti riti invernali della fertilità, non dissimili da quelli che si riscontrano in tutta Europa.

“La Greenway del fiume Oglio” (2014, 13’) di Eric Tornaghi

Ponte di Legno, la Valcamonica, il lago d’Iseo, la Franciacorta e poi la grande pianura, fino al Po. È il percorso dell’Oglio: 280 km di fiume, 280 km di percorso ciclabile. Un video appassionante ne segue il percorso e suggerisce come andare alla scoperta di un sorprendente corridoio naturale.

“Il cielo in me – Vita irrimediabile di una poetessa” (2014, 68’) di Sabrina Bonaiti e Marco Ongania

La storia della poetessa Antonia Pozzi, allieva del filosofo Antonio Banfi, nata a Milano il 13 febbraio 1912 e morta suicida il 3 dicembre 1938 vicino all’abbazia di Chiaravalle. Le sue poesie, che Banfi aveva bollato come “disordine”, furono censurate e nascoste dal padre e riscoperte solo anni più tardi, tra gli altri da Eugenio Montale. La docu-fiction “Il cielo in me – Vita irrimediabile di una poetessa” unisce interviste e testimonianze di studiosi a momenti di ricostruzione storica, con Erika Redaelli e Isabella Di Giuda che interpretano rispettivamente la Pozzi ventenne e la Pozzi ragazzina. Tra gli interventi quelli Graziella Bernabò, che ha pubblicato la biografia “Per troppa vita che ho nel sangue. Antonia Pozzi e la sua poesia”, Fulvio Papi, professore di Filosofia Teoretica e autore di “L’infinita speranza di un ritorno. Sentieri di Antonia Pozzi”, e suor Onorina Dino, che ha curato la pubblicazione di tutte le opere di Antonia Pozzi. Un film coinvolgente che sviluppa molto il rapporto con la natura e con Pasturo, la località della Valsassina dove la Pozzi trascorse le estati dal 1918 al ’38, che era fonte di ispirazione, dove considerava le sue radici (“rifugio dell’anima” lo definì) e dove sono ambientate gran parte delle scene di finzione.

“Estratti dalla pietra. Uomini e pietre della Valmalenco, dal passato al futuro” (2014, 48’) di Simone Bracchi

Un documentario realizzato dall’Ecomuseo della Valmalenco all’interno del progetto “Giovani eredi per vecchi mestieri” il film “Estratti dalla pietra”. Un indagine sul tema  della pietra, guardato non solo sotto l’aspetto storico, tecnico, scientifico, ma soprattutto con gli occhi della gente che con la pietra lavora quotidianamente, di coloro che della pietra hanno fatto una professione. La pietra estratta, lavorata, scolpita, incisa, studiata a quella scalata, “percorsa” attraverso i sentieri e le vie alte delle montagne della Valmalenco.

“Ora cammina con me” (2012, 45’) di Stefano Tagliaferri

Pagnona, Alta Valsassina, primi anni ’20 del Novecento. Il pomeriggio del 2 novembre Anna, madre e vedova di guerra, occupata ad accudire il figlio malato, si accorge di essere rimasta senza candele. La donna esce di casa in cerca di un lume per poter prestare assistenza al figlio durante la notte, ma i vicini e i parenti trovano scuse per non aiutarla. I compaesani la accusano di adulterio mentre il marito era in guerra. Anche la sera, durante la processione religiosa, il paese si mostra indifferente alla disperata richiesta di aiuto della donna, fin quando dall’oscurità le viene porto un cero acceso. Il mattino seguente, al risveglio, la donna scopre con sgomento la natura di quell’aiuto e, con il parroco, cerca di risolvere l’angosciante mistero in cui si è imbattuta. Tratto da un racconto popolare. Menzione speciale al miglior film di un regista giovane al XIX Film Festival della Lessinia

“Il mattino sorge ad est” (2014, 80’) di Stefano Tagliaferri

Un film interamente girato in Valsassina “Il mattino sorge ad est”, primo lungometraggio di Stefano Tagliaferri, regista e fotografo. Un fatto di cronaca realmente accaduto nel 1895, da una novella dello storico premanese Antonio Bellati. Un’opera prodotta dall’associazione culturale Il Corno, che ha coinvolto più di 120 tra attori e comparse. Un uomo di Gerola, Domenico Ruffoni detto “ól Menal”, fu trovato cadavere in un canalone, noto ancora oggi come “ól böc dól Menàl”. La vicenda inizia mesi prima, quando Ruffoni, bergamino che tratta la compravendita di bestiame, arriva a Premana. Piuttosto anziano, è rimasto vedovo da poco e cerca una donna da sposare. L’uomo è noto per essere facoltoso e per portare sempre con sé una consistente somma di denaro contante. Il piccolo tesoro alletta un gruppo di muratori che, tra una bevuta e l’altra, tendono una trappola per incastrare “ól Menàl”. Tra le donne del posto, individuano una quarantenne solitaria dai modi bruschi, “ól Catói” e la convincono a lasciarsi avvicinare dal protagonista fino a farsi chiedere in moglie. La vicenda si svolge da primavera all’autunno, concedendo ai malintenzionati tutto il tempo per mettere a punto il loro piano criminale. Il direttore della fotografia è il comasco Angelo Guarracino, mentre le musiche originali sono del lecchese Francesco Sacchi. Un film interessante, coinvolgente, a tratti anche divertente, con una matrice teatrale, tutto parlato in dialetto locale e molto curato nella fattura, pur con un budget limitato. Un racconto fedele all’epoca ma con un taglio contemporaneo.

Satira di Bregaglia

La vignetta del giorno

8njoju

Per sorridere un po’.