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Tre ore a andare, tre ore a stare, tre ore a tornare

10 dicembre 2013 Nessun commento

Si intitola Tre ore a andare, tre ore a stare, tre ore a tornare. Raccoglie fiabe, leggende e racconti tradizionali del Grigionitaliano.

“Tre ore a andare, tre ore a stare, tre ore a tornare” (a cura di Luisa Rubini Messerli, prefazione di Tatiana Crivelli, pp. 488, Fr. 49) è edito da Dadò e dalla Pro Grigioni Italiano.

Questo volume ci dà la possibilità di leggere – uno al giorno, per duecento giorni, se solo volessimo -  testi brevi di un tempo magico, dall’Ottocento in poi.

Ma la loro lettura non vi prenderà le tre ore del titolo, ma pochi istanti  perché i testi sono sempre brevi. Eppure sono popolati di tantissimi personaggi strani, di esseri inquietanti, di voci che provengono da lontano.

Queste storie che provengono dalla Mesolcina, Calanca, Bregaglia e Poschiavo documentano specificità di un territorio e della sue tradizioni folkloristiche. Al tempo stesso ci ricordano altre favole di un tempo passato a noi pervenute da altre tradizioni e ci rivelano così intrecci di culture.

Tra gli esseri soprannaturali ricordo quello del folletto dell’Alpe di Soazza, che in una storia entra nella cascina e si siede sul mastello di legno dove la casara mette il siero per fare la ricotta. E fa molti scherzetti e dispetti: si diverte a far suonare la campana nella mangiatoria, oppure si introduce in una mucca e la fa girare come impazzita. Certo, il folletto crea qualche danno, soprattutto quando non lascia nemmeno coagulare il latte. Eppure è molto amato come un «pinin», un ragazzino dispettoso.

Streghe e diavoli animano invece il borgo di Poschiavo: e lì troviamo la storia della strega a tre teste. La vecchia indemoniata, arruffata e sbuffante e con gli occhi di fuori, quando viene condannata a perdere la testa stupisce il suo boia, perché dopo averle calato il colpo mortale, fa sgorgare dal suo maledetto collo ingrinzito altre due teste, uguali alla prima come le uova. E non fu l’ultima stregoneria della vecchia sciagurata, perché la mattina dopo «trovarono al posto della sua casa null’altro che un mucchio di calcinacci e di travi bruciacchiate».

Infine vi segnalo una leggenda, quella bellissima di San Gaudenzio. Salendo la Val Bregaglia, tra Casaccia e Maloggia c’è la chiesa a lui dedicata. Il santo, nato nel 348 nell’alta Italia, predicava il Vangelo e per questo fu insidiato e poi ucciso dai pagani. Si dice allora che, dopo la sua lapidazione, avvenisse un miracolo. San Gaudenzio prese il suo capo reciso, «camminò da Casaccia fino alla collinetta dove ora sorge la chiesa e si addormentò nel Signore».

Raffaella Castagnola
Fonte: www.cdt.ch

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