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Gipeto perde contro aquila

27 novembre 2019

Dalle analisi sul gipeto barbuto rinvenuto in maggio presso La Punt (GR) da parte di un’unità specializzata dell’Università di Berna risulta che l’avvoltoio è morto per una lotta territoriale con un’aquila reale. Ne dà notizia l’Ufficio per la caccia e la pesca.

Le prime radiografie compiute sull’uccello avevano portato alla luce una frattura alla decima vertebra cervicale, oltre a profonde ferite sulla muscolatura del collo e all’esofago: tutti segni degli artigli affilati di un’aquila reale.

L’Ufficio grigionese per la caccia e la pesca (con la Fondazione Pro Gipeto/ stazione ornitologica di Sempach) aveva altresì rilevato la presenza nel corpo del gipeto barbuto di tre pallini di piombo. I ricercatori dal Centro di medicina veterinaria dei pesci e degli animali selvatici dell’ateneo bernese hanno però potuto stabilire – passando alla lente le ossa, il fegato e i reni del rapace, da cui non è risultato un aumento dei valori di piombo – che l’uccello non è perito in seguito allo sparo partito da un’arma da fuoco.

Nome in codice GT047 aveva 12 anni

Il gipeto barbuto aveva 12 anni ed era stato identificato dai servizi competenti con la sigla GT047. Dodici anni or sono, si legge ancora nella nota dei competenti servizi grigionesi, questo esemplare maschio era partito dalla Val Tantermozza (Zernez) come uno dei primi gipeti nati in natura in Svizzera dopo la loro reintroduzione. Nel 2012 e nel 2013 insieme a un esemplare femminile formava la coppia “Val Foraz”, mentre dal 2014 faceva parte della coppia “Chamuera”. Quest’anno è stato sostituito da un altro esemplare maschio, ma è rimasto in valle.

La sua carcassa era stata notata nei pressi del ponte Burdun in Val Chamuera, nell’Alta Engadina. Come avviene in genere con tutti i ritrovamenti di aquile reali, gufi o gipeti barbuti, l’animale era dunque stato sottoposto a un’attenta analisi effettuata a Coira.

Sebbene sia stato possibile risalire da subito alla probabile causa della morte, si era deciso di rivolgersi agli specialisti dell’Università di Berna che non hanno tuttavia stabilito il luogo (e il momento) in cui è avvenuto lo sparo.

Elevato grado di accettazione

L’Ufficio per la caccia e la pesca condanna ad ogni modo “con assoluta fermezza” l’atto di bracconaggio di cui è rimasto vittima l’uccello, specie protetta. Un simile comportamento – si legge nella nota diramata – si pone “in netto contrasto con l’elevato grado di accettazione” di cui questo avvoltoio gode in Engadina e nella vicina Italia, area transfrontaliera che ospita la più numerosa popolazione dell’arco alpino, la quale ogni anno genera una dozzina abbondante di giovani uccelli, da cui sono nati ben 118 gipeti: un importante effettivo per il reinsediamento del gipeto nelle Alpi.

Fonte: ats

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